
Vidor,Mario
La nuvola perfetta
11 novembre - 31 marzo 2017
Inaugurazione (alla presenza dell'artista): venerdì 11 novembre 2016, ore 19-22.00
Luigi Di Gioia è lieto di presentare La nuvola perfetta, una mostra personale di Mario Vidor a cura di Noemi Pittaluga.
"La semplicità del bello e il bello della semplicità sono senza dubbio gli aspetti fondamentali presenti in tutti i progetti artistici di Mario Vidor. Nelle fotografie in bianco e nero della serie La nuvola perfetta, l'autore riprende un paesaggio campestre che si stacca dal suo referente reale per diventare uno scenario immaginifico. La capacità di creare, attraverso un'inquadratura quasi cinematografica, un mondo onirico e sospeso in una bolla aeriforme conferma la coerenza stilistica dell'artista. Se, infatti, i lavori in bicromia prevedono la presenza umana solamente in ambientazioni di massa per dar spazio principalmente agli elementi naturali (paesaggi di neve, marini, montani e fluviali), le opere dedicate ai nudi mostrano sculture dalle forme intricate, composte dai corpi intrecciati dell'uomo e della donna. La maturità artistica dell'autore è evidente anche nella fotografie dalle sfumature reportagistiche che propongono architetture di città europee e scorci esotici di paesi lontani. Le immagini di Vidor, pur avendo un'essenza prettamente iconografica, concedono all'osservatore delle suggestioni sonore in cui il silenzio è protagonista. Il rumore ovattato della neve calpestata, quello rilassante delle onde del mare suggeriscono lo sconosciuto effetto acustico di un'ipotetica passeggiata tra montagne di vapore. La ricerca della perfezione, che proprio nel suo essere inevitabilmente soggettiva è il motore da cui nascono le intuizioni visive dell'artista, porta all'affermazione pacifica e serena di questa verità. Negli scatti dedicati alle nubi, che manifestano spesso uno sguardo verso l'alto, si palesa l'accettazione della fatalità della vita. Il fenomeno metereologico della condensazione dell'acqua diviene una sorta di epifania positiva della coscienza che invita lo spettatore ad affrontare le problematiche giornaliere galleggiando nell'atmosfera quotidiana sempre a un palmo da terra." Noemi Pittaluga
Noemi Pittaluga "La fotografia in bianco e nero viene spesso associata alla sfera del ricordo, anche nella tua poetica è così?"
Mario Vidor "Sì, è vero; la fotografia in bianco e nero rimanda generalmente alla memoria. Se consideriamo il pensiero di Roland Barthes in La camera chiara, non possiamo esimerci dal confermare questo ruolo peculiare del linguaggio fotografico. La memoria visiva, rispetto a quella legata agli altri sensi (quella olfattiva, quella sonora, quella tattile e gustativa), è certamente la più immediata, la più emotiva per me, e il mondo della comunicazione ne è testimone. Ormai viviamo in una società in cui l'immagine è costantemente presente: il medium televisivo è stato solo l'inizio di un dialogo basato su uno scambio principalmente iconico. Oggi gli smartphone, internet, i social network confermano come i dati e le informazioni utilizzino soprattutto l'immagine per divulgare nuovi messaggi in ogni campo. Ma la fotografia per me non è solamente e in modo specifico il ricordo. Quando scatto immortalo un momento reale che poi con il tempo diventa inevitabilmente un flashback, principalmente intimista, che riporta alla luce una sensazione vissuta in un istante e luogo specifico della mia vita".
N. P. "Qual è la differenza di significato tra i paesaggi a colori e quelli in bianco e in nero?"
M. V. "Per me l'utilizzo della tecnica del bianco e del nero significa trasformare un qualcosa, un paesaggio che invento di volta in volta. Di conseguenza ciò che creo non è mai la figurazione di un'ambientazione reale".
N. P. "Sembrano, infatti, luoghi di serenità dove potersi rifugiare, nascondere in uno spazio protetto e di pace; è così?
M. V."Le mie fotografie sono una meditazione sulla vita. Naturalmente essendo il pensiero complesso, differenti sono gli stati d'animo che si trovano rappresentati nei miei lavori".
N. P. "Qual è l'elemento che stimola la tua attenzione prima dello scatto? Cos'è che ti spinge a scegliere una particolare immagine della quotidianità e a tramutarla in una fotografia artistica? Qual è l'emozione che provi in questo incontro con il mondo?
M. V. "L'elemento che stimola la mia attenzione prima dello scatto è una riflessione su qualcosa che ho in mente e cerco di completarla. Provo ad individuare un sentimento, un pensiero, un'immagine, intesa in senso totale, che sia importante da trasmettere come messaggio e l'emozione che provo non è con il mondo ma con la fotografia in se stessa."
Mario Vidor (Farra di Soligo 1948) dalle prime esperienze pittoriche negli anni Ottanta, sposta la sua ricerca sulla fotografia, focalizzando l'attenzione in due direzioni: l'indagine storico-scientifica e il linguaggio creativo. Alla sua prima pubblicazione Sulle terre dei Longobardi (1989), sono seguiti diversi altri volumi di fotografia, e alcune singolari cartelle foto-litografiche. Ha vinto molti premi: nel maggio 2003 ha ricevuto il riconoscimento B.F.I. dalla FIAF e nel 2014 il riconoscimento A.F.I. Ha tenuto numerosissime mostre personali (oltre 290) nelle principali città italiane e all’estero (Francia, Germania, U.S.A., Repubblica Popolare Cinese, Croazia, Austria, Slovenia, Canada, Russia) dove le sue opere sono conservate in importanti collezioni di musei e gallerie.
Noemi Pittaluga (Genova 1985) Laureata e specializzata in Saperi e tecniche del linguaggio teatrale, cinematografico e digitale presso l'Università La Sapienza di Roma; dopo un Master in Curatore museale e di eventi performativi dello IED, si sta specializzando in Storia dell'arte presso l'Università La Sapienza di Roma. Ha pubblicato il saggio Un'identità incerta tra vita e morte (Editoria e Spettacolo, 2012) e il libro Studio Azzurro. Teatro (Contrasto, 2012); dal 2010 lavora come curatrice indipendente e presso la Galleria Gallerati di Roma.
Mario Vidor
La nuvola perfetta
A cura di Noemi Pittaluga
Anteprima d'arte contemporanea (Piazza Mazzini, 27 - 00195 Roma - Scala A, terzo piano - Tel. + 39 06.37500282 - Fax + 39 06.37353754)
Partnership: Galleria Gallerati
Inaugurazione: venerdì 11 novembre 2016, ore 19.00 - 22.00
Fino al 31 Marzo
Orario: dal martedì al venerdì 15.30/19.00
Ufficio stampa: Anteprima d'arte contemporanea, Galleria Gallerati
Informazioni: \n Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. , www.anteprimadartecontemporanea.it
Piazza Mazzini, 27 - 00195 Roma - Tel. + 39 06.37500282 - \n Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.anteprimadartecontemporanea

Olaf Otto Becker Il paesaggio politico
La mostra in corso verrà prorogata fino al 30 Marzo 2016
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Camilla Boemio
Il paesaggio Politico
Da più di venticinque anni la fotografia di paesaggio rappresenta l’interesse principale del lavoro di ricerca di Olaf Otto Becker. In modo particolare documenta le tracce visibili della sovra-popolazione umana in aree abbandonate; nelle quali confluiscono complessità di natura: scientifica, politica e artistica la cui analisi ha valenza ideologica(1).
Le serie Ilulissat e Broken Line sono una riflessione sulla sensibilità umana e possono essere lette come un analisi sentimentale della natura: i cui primari aspetti comuni vengono ripresi dalla pittura dei secoli XVIII e XIX. Tuttavia, questo soggetto di genere non sempre ha occupato una posizione di tutto rispetto nella storia dell’arte.
L'impatto sul paesaggio romantico dato da Caspar David Friedrich ha forgiato un determinato pensiero estetico con le sue raffigurazioni come: 'Il Mare di ghiaccio (Il Naufragio della Speranza )‘ del 1823, allineando un’ osservazione della natura profondamente legata a un introspezione esistenziale ed un immaginario ben preciso.
Le Regioni artiche sono diventate preponderanti, anche grazie, alla pubblicazione di William Bradford 'The Arctic Regions: Illustrated with Photographs Taken on an Art Expedition to Greenland', edito a Londra nel 1873 dalla celebre Sampson Low, Marston, Low e Searle.
E' stato uno dei libri fotografici più importanti del XIX secolo, parte delle immagini sono state scattate con una macchina fotografica che aveva una dimensione negativa di circa 46 per 30 centimetri.
La serie Ilulissat di Olaf Otto Becker è il risultato dei suoi viaggi lungo la costa occidentale della Groenlandia, non in un piroscafo con una spedizione e un equipaggio, ma da solo, in un piccolo gommone Zodiac. Entrambi, citando nuovamente Bradford, hanno raggiunto approssimativamente la stessa posizione sulla mappa, intorno a settantacinque gradi a nord, nella baia di Melville. Ancora più importante, come nella spedizione Bradford, le intenzioni di Becker sono sempre sia artistiche che scientifiche.
Il suo lavoro documentaristico ha una profonda lirica e poetica. Rivelando la travolgente drammatica bellezza della coltre coperta di ghiacci; allo stesso tempo mostra la sua caducità, perché qui, nelle regione disabitata della Groenlandia, l'influenza umana e il cambiamento climatico hanno conseguenze fatali: la polvere e la fuliggine, sotto forma di aria nera in combinazione con il riscaldamento globale, accelerano lo scioglimento delle lastre con risultati catastrofici; ormai non più evitabili.
I dettagli che emergono, da ogni singolo lavoro, sono un insieme magistrale relativo al processo di formazione: dei fori, dei canali, dei livelli della stratificazione, fino ai grandi laghi sotterranei; svelandoci l’ineluttabile intensità del sublime.
Uno sguardo tecnico all’autore -La fotografia di Becker è di grande formato ed ha un processo realizzativo necessariamente lento. L'iter inizia determinando ciò che deve essere fotografato, seguono: l'utilizzo del treppiede, della fotocamera e il necessario momento nel quale regolare la messa a fuoco. La preparazione è minuziosa e metodica. La procedura è quasi un rito che si ripete tutte le volte. Le immagini prodotte che hanno per soggetto la fotografia del paesaggio spesso tendono ad avere un impatto formale e nello stesso tempo profondamente contemplativo, come nel caso di Becker.
(1) M. Warnke, Paesaggio politico. Per una storia delle trasformazioni sociali della natura, edito in Italia dall’Università Cattolica, 1996.
Bio:
Olaf Otto Becker (nato nel 1959, a Lübeck-Travemünde, Germany). Influenzato inizialmente da Josef Koudelka, Henri-Cartier Bresson e dalla fotografia russa; per poi tra gli altri avvicinarsi ai fotografi Americani come: Meyerowitz, Misrach, Paul Graham, Stephen Shore, Lewis Baltz, Robert Adams. E' un raffinato viaggiatore la cui abilità risiede nel narrare gli angoli più remoti e selvaggi del globo.
Tra le numerose esposizioni internazionali alle quali ha partecipato ,segnaliamo: El Paso Museum of Art, Texas; Tufts University Art Gallery, Boston; Whatcom Museum, Bellingham, Washington; Nevada Museum of Art, Reno, Nevada; Al Alt + 1000 festival de photographie de montagne, Rossinière, Switzerland; al The 2nd International Festival for Photography, Gallery Iang, Seoul; all' Ulsan International Photo Festival, South Korea; The National Museum of Photography, Copenhagen; nel 2008 a un Solo Project, con la Gallery f 5,6 a ART Basel.
Camilla Boemio è un curatore, un critico d'arte contemporanea, ed un consulente di progetti Universitari di ricerca la cui pratica di analisi tratta le politiche di partecipazione della curatela ed il filone arte-scienza. Boemio ha co-fondato e dirige la piattaforma AAC ed è curatore associato di APT - Artist Pension Trust.
I suoi scritti e le sue interviste sono apparse in varie pubblicazioni, riviste di settore e cataloghi.
Ha co -realizzato 'Portable Nation' pubblicato da Maretti editore e supportato dal Berkeley Center of New Media; attualmente sta lavorando a una nuova pubblicazione sulla fotografia con l'università di Derby, Inghilterra; e ad un capitolo del saggio ‘Territories of Trauma and Decay' con la Punctum Books.

Massimo Siragusa - Teatro d'Italia
Inaugurazione: 11 Giugno 2015 dalle ore 19,00
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Gianpaolo Arena
Alla Galleria ANTEPRIMA d’Arte Contemporanea viene presentata una selezione fotografica del progetto “Teatro d’Italia” dell’autore Massimo Siragusa. Fotografo siciliano, residente a Roma, ma apolide per formazione culturale, spirito e curiosità intellettuale, ha esposto in numerose gallerie e istituzioni internazionali e ha vinto diversi premi importanti tra cui quattro World Press Photo.
Le opere presentate in mostra contengono ritratti di luoghi antichi e contemporanei, più o meno noti, come monumenti, centri storici, chiese, templi, ville, giardini, belvedere e piazze. Veniamo lentamente introdotti attraverso le case, le piazze, le strade, le mura, i cortili, i palazzi, i portici, le persone, le luci e le voci. Da spettatori assistiamo al disvelamento della dimensione pubblica e di quella rappresentativa, in parte di quella privata e di quella domestica. Con lo sguardo attraversiamo gli spazi del rito, delle relazioni sociali, dello spettacolo, della cultura. La città è il teatro della storia e della memoria, la massima creazione e manifestazione delle civiltà umane, il repertorio di forme e lo scenario della letteratura, della politica, della moralità e del pensiero. La lettura delle tracce, il loro accumulo e la sedimentazione della città contemporanea in quella storica rendono ogni forma-città unica e fortemente identitaria. Ogni comunità è viva narrazione della propria storia, del popolo e della civiltà che la abitano. Ciascuna di esse si riveste di tratti essenziali irripetibili. Alcuni segni di questa variegata archeologia esperienziale mostrano ciò che ogni città è stata. Nell’eternità dell’immagine ritroviamo la polis greca e le città etrusche, Roma e i suoi territori, il comune medievale, il Rinascimento, la società postindustriale. Lo spazio urbano e lo spazio sociale determinano le linee di forza e gli equilibri tra le parti, definiscono l’anima della città. La morfologia urbana è nata e rinata mille volte, rinnovandosi profondamente e rendendo ancora una volta attuale un passato tanto importante. L’ordine della natura e l’ordine della cultura convivono armoniosamente nelle stesse strade in cui camminarono Virgilio, Dante, Ariosto. Il filo rosso che unisce le Alpi alla Sicilia è la bellezza delle città e dei paesaggi, i valori immateriali attraverso i quali rivivono i luoghi dell’anima e della memoria, gli spazi della comunità, della coscienza e dell’identità nazionale. Al di là di riferimenti olistici e oltre la classica iconografia, chi guarda incontra un archivio visivo di trame, ipotesi e percorsi attraverso cui stabilire relazioni e dare il giusto valore a quanto abbiamo di più prezioso. Un viaggio ideale e metaforico, un itinerario culturale nella geografia emozionale del Belpaese tra visioni, sogni e miti.
Le immagini di Massimo Siragusa, nate dalla curiosità di scoprire e dal desiderio di conoscenza, sono evocative, eleganti, raffinate e capaci di raccontare lo spazio che ci circonda e la bellezza del nostro straordinario patrimonio artistico. E con essi la storia, l’identità, la cultura, l’economia e la vita dell’Italia.

Andreana Scanderbeg & Alexander Sauer - ICONIC GEOGRAPHY - Works 2005-2015
Inaugurazione: 25 Febbraio 2015, dalle ore 19.00
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Camilla Boemio
La mostra vuole introdurre lo spettatore nelle varie serie realizzate, negli ultimi dieci anni, dai fotografi Andreana Scanderbeg & Alexander Sauer, abili narratori delle tecnologie di controllo.
Nelle loro realizzazioni c'è la fiducia nell'innovazione tecnologica, la bellezza dell'architettura contemporanea; quale migliore espressione della vita urbana che cambia.
Ogni scatto dimostra come immortalare l’ architettura non sia meno complesso che cogliere l'espressione giusta di un volto in un ritratto.
La mostra racconta di gente e mondi urbani attraverso il paesaggio costruito, considerando la fotografia lo strumento forse più adatto e ambizioso per documentarlo. Piuttosto che della simbiosi tra le due discipline,’ Iconic Geography ‘tratta di come un percorso fotografico possa aiutare a orientare lo sguardo: dalla vita immaginata intorno a siti impervi,all’analisi dell’impatto industriale sul territorio e di come si sviluppi il lavoro nei contesti industriali.
I fotografi hanno esplorato i più svariati posti geografici sul bordo della civiltà dove l'uomo, spesso, capitola e cede. Nelle immagini esteticamente perfette hanno evocato il passato glorioso di aerei iconici che sono abbandonati nel deserto. Le cui carcasse ci raccontano di viaggi, esaltandone le linee e le forme.
Nella nuova serie, ‘ Chavalon ‘ hanno catturato la bellezza morbosa del progresso e individuato un’estetica della perdita del controllo.
Merci, treni, navi, processi di produzione e paesaggi industriali riempiono le periferie del mondo; raccontandoci di un progresso e di spostamenti, viaggi e mondi fatti di lavoro nel quale l’uomo nelle aziende applica le tecnologie e l’ innovazione.
Un mondo, non a tutti conosciuto, appare ai nostri occhi nel quale il tempismo e la determinazione ci raccontano di progressi e sconfitte; dove stiamo andando, e dove probabilmente arriveremo nelle nostre scoperte e nell’ evoluzione dell’ economia.
Se fino a qualche decennio fa, le fotografie che raccontavano il mondo del lavoro erano un appannaggio degli archivi aziendali – oggi sono diventate di ricerca e hanno una nuova forma di collezionismo.
Nelle scelte vagliate, per la loro prima mostra Italiana, è stato pensato un racconto nel quale ripercorrere le febbrili rotte del mondo degli affari e delle merci, nel quale le tappe delle metropoli sono intervallate con luoghi periferici nei quali il racconto si addentra all’interno di: silos, tubi, macchinari industriali, particolari ed aziende nelle quali il rumore ed il barlume del gas, il fuoco e il vapore dialogano con la routine.
Come in un attuale remake di ‘ Rumore Rosso ‘ di Michelangelo Antonioni siamo distratti da quel paesaggio articolato ed industriale nel quale perdersi, o ritrovarsi.

Giancarlino Benedetti Corcos - Caffè Sospeso. Cartoline dal Sud.
Finissage : 18 Febbraio 2015, dalle ore 19.00
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Giuseppe Ussani d’Escobar
Chiudiamo per un attimo gli occhi ed immaginiamo che Pulcinella, quello stravagante personaggio che ha allietato le nostre domeniche, quand’eravamo più piccoli, ed i nonni ci portavano al Gianicolo a vedere il teatro dei Burattini, proprio lui in carne ed ossa ci conduca in un fantastico viaggio ispirato da Laura nel sogno di Gaeta attraverso il Sud, quella parte d’Italia spesso bistrattata, ma anche tanto amata, e che ha trasmesso il suo calore, la sua umanità al resto del pianeta Terra, arricchendo il nostro sguardo e rendendolo più profondo, ironico e scanzonato. Eccoci a Napoli, una volta capitale del Regno dei Borboni, ci troviamo ai piedi del Vesuvio in eruzione, che lancia nell’aria lapilli, innocui fuochi d’artificio, con il monte Somma che gli fa da spalla; il panorama davanti ai nostri occhi non può non rammentarci la gouache napoletana con i tramonti di fuoco che avvampano il mare ed il cielo. Faremo un salto a Capodimonte, con i suoi maestosi giardini ed entreremo nel Museo che ospita la prestigiosa collezione Farnese e ci troveremo davanti al capolavoro di Pieter Bruegel il Vecchio, la “Parabola dei ciechi” rivisitata dallo sguardo attento e sornione del nostro Giancarlino: un cieco guidato sulla strada da un altro cieco non farà certo una buona fine; e le porcellane di Capodimonte si muovono in marcia allegra e colorata al ritmo dei ciechi, sottolineando la fragilità della vita umana al cospetto dell’eternità… La nave sta per lasciare il porto di Napoli, dobbiamo affrettarci, salpiamo per Capri, l’isola cara all’Imperatore Tiberio e ad Axel Munthe che qui aveva voluto costruire la sua dimora Villa San Michele, innamorato dei magici scorci che può donarci la splendida isola, visiteremo la villa ed attraverso gli occhi della sfinge esploreremo l’orizzonte. Ad Anacapri nella Chiesa di San Michele Arcangelo, rimarremo ipnotizzati dalla fastosità e bellezza del pavimento: le maioliche rivelano infiniti e minuti dettagli, un universo si schiude davanti a noi e ne restiamo attratti e coinvolti; monteremo sull’unicorno e percorreremo la nostra memoria dei romanzi cavallereschi, lontani con Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre. Ora ci dirigeremo con Pulcinella verso il profondo Sud, giungeremo sulle coste della Calabria ed arriviamo nel momento in cui dal mare stanno emergendo due giganti che avanzano verso di noi, sono incrostati di conchiglie ed alghe, sono due cavalieri antichi; si mormora che provengano da Atene ed abbiano fatto naufragio, ed anche si sussurra che un famoso scultore, un certo Fidia, gli abbia soffiato l’alito della vita, rendendoci le loro vene, i loro nervi, i loro muscoli pronti a scattare nella lotta e nella competizione sportiva. Il mare li ha custoditi e li ha restituiti alla nostra curiosità; quel mare aperto che ci ha anche ridonato il Satiro di Mazara del Vallo, quel mare sulle cui onde i pescatori inseguono il pesce spada, lo stesso della canzone di Modugno, quel pesce spada che, preparato con il salmoriglio, incanta i palati più raffinati ed esigenti. Attraversiamo un'altra volta il mare e tocchiamo le rive della Sicilia, la Trinacria greca, fenicia, romana, araba, sveva, normanna, angioina, ed aragonese; un’isola che al centro del Mediterraneo ha accolto il cosmopolitismo delle civiltà. Visitiamo la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina e contempliamo gli straordinari mosaici naturalistici, un magico microcosmo rapirà la nostra fantasia: uomini, piante ed animali con il loro movimento armonico nelle tessere, danno vita a spazi onirici e surreali, regalandoci un viaggio nel tempo. Ed è la volta di Caltagirone che, con le sue ceramiche ricche di cromatismi, con le sue figurine-lucerna antropomorfe, ispira la creatività di Giancarlino. Un veloce e divertente omaggio al Montalbano di Camilleri ed un doveroso tributo a Gibellina, nel cuore della Sicilia, dove il Senatore Corrao, all’indomani del terremoto ha dedicato al risveglio dell’arte ed alla speranza nel futuro la terra che si era aperta ad ingoiare i sogni degli uomini: Perché noi gente del Sud, siamo cosi, ci rialziamo sempre, siamo come Pulcinella: riusciamo ad inventarci e ad improvvisare la vita, prendendo a bastonate il diavolo e schernendo la morte; le difficoltà sfidano la nostra fantasia. Noi del Sud andiamo pazzi per la pizza margherita, la pastiera, il cannolo, la parmigiana di melanzane e non dimentichiamo mai di ordinare un caffè sospeso entrando in un bar… uno lo beviamo noi… e l’altro lo lasciamo ad uno sconosciuto che ne può aver bisogno, all’umanità, in un gesto di solidarietà… poiché il caffè a Napoli è una carezza, una coccola alla quale ti abbandoni con grande piacere, te lo servono in tazzina bollente e con un bicchiere d’acqua fredda accanto, ed una carezza non si nega a nessuno…