Gianpaolo Arena - My Vietnam

Inaugurazione: 22 Maggio 2014, dalle ore 19.00
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Camilla Boemio

 

Nel 1968 in piena guerra del Vietnam si raffigurava al mondo uno scenario apocalittico, così magistralmente raccontato in ‘Apocalypse Now‘ di Francis Ford Coppola in ‘Platoon‘ e ‘Born on the Fourth of July‘ di Oliver Stone e in ‘ Full Metal Jacket ‘ di Stanley Kubrick  – le scene vivide di violenza manifestano uno scontro simbolo di una disfatta, un urlo di una generazione contro la guerra, innumerevoli fratture politiche di un occidente che si piega ed un est Asiatico che entra nella memoria collettiva.
Il Vietnam diventa un’icona. Ricordare e parlarne accende una profonda ferita.
Se la democrazia negli Stati Uniti viene messa in discussione, come mai prima d’ora, il Vietnam diventa lo incontrastato impenetrabile esempio di un determinato immaginario.
Il fascino e la paura dell’ignoto l’hanno accompagnato a noi, sviluppandone un’estetica ed un profondo senso di mistero.
Fatto di lunghi silenzi interrotti dal chiasso dei motorini e della febbrile circolazione, ritornando in paesaggi estesi nei quali perdersi dentro risaie o nelle vie convulse delle città, tra i volti delle persone, fino ad arrivare  in una barca che lentamente risale il fiume – enucleare un paese, magari facendone scoprire un altro è il magistrale racconto realizzato da Arena dell’odierno Vietnam.
Il suo viaggio è il percorso di un occidentale che scopre se stesso, raccontando ciò che vede svelando fortemente la sua intimità in un viaggio interiore nel quale convergono documentazioni e visioni – a tratti sublimi - di un paesaggio, di un popolo e delle sue abitudini.
Nel suo Vietnam, c’è un immaginario personale nel quale a tratti la nebbia, e gli scenari, dell’est Asiatico convergono con il Veneto. Non posso non soffermarmi sull’immagine di una donna che fissa l’orizzonte, tra i rami di un albero, non le vediamo il volto, ma solo il muoversi dei suoi bellissimi capelli corvini che ci raccontano: di attesa, di spazi sconosciuti, di storie inesplorate.
Tutti i volti dei protagonisti, delle foto di Arena, sono delle presenze distanti, degli attori secondari di un continente romantico.
Al contrario i paesaggi evocano la documentazione di implicazioni: culturali, politiche, personali e le radicali trasformazioni della comunità Vietnamita. Il risultato è un’esperienza di lettura della serie che dà la sensazione di scavare sotto la superficie di queste immagini, rivelandone non solo la natura di fotografia di paesaggio ma l’essenza stessa di un territorio.
Il fotografare è stato visto in due ottiche radicalmente diverse: o come lucido e preciso atto di conoscenza, di intelligenza consapevole, o come modo d’incontro intuitivo, pre - intellettuale. Il secondo caso è quello nel quale Arena si avvicina al Vietnam, l’intuizione lo porta a mostrarci un eroico sforzo d’attenzione, con una disciplina ascetica, ed una ricettività mistica del mondo da imporre al fotografo di passare per una nube di inconsapevolezza. I paesaggi ci raccontano di un Vietnam a tratti malinconico, a tratti colorato e misterioso. I grandi vuoti urbani e paesaggistici si intervallano con la densità ed il caos delle grandi città. Siamo proiettati in un viaggio nel quale i soggetti immortalati alimentano la consapevolezza estetica ed incoraggiano il distacco emotivo; rivelandoci un’assenza temporale.

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Ursula Sprecher & Andi Cortellini, Juliane Eirich, Johanna Eliisa Laitanen - A voyage between the sublime and the reality

Inaugurazione: 20 Febbraio 2014, dalle ore 19.00

Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma

a cura di Camilla Boemio

 

La mostra è un viaggio nelle immagini, nell'evasione e nella memoria, al limite tra il sublime e la routine quotidiana. Costruita da un corpo organico di lavori. Le fotografie inedite degli Svizzeri Ursula Sprecher & Andi Cortellini, la serie di Juliane Eirich ed il video di Johanna Eliisa Laitanen. Questo ultimo Aura of Place d' Armes è la storia di un tentativo nel conservare un passato forse mai esistito. La Laitanen racconta di ricordi messi insieme da frammenti, una storia ripetitiva nello stesso contesto nel quale è avvenuta. Emergono l’originalità dell'architettura, i rituali del luogo e le metodiche ricostruzioni. Si concentra sull'esame dei momenti forti e gli stati intermedi: al mattino presto, il vuoto del luogo, gli esercizi. Combinando persistenze con rimandi improvvisi ed una  narrazione che si svolge in diversi strati temporali generando un’ opera dall'atmosfera irreale. Il lavoro è stato girato nel 2009 a Versailles nelle stalle di Luigi XIV, la parte deputata alla Académie du Spectacle Equestre; un'istituzione che promuove e conserva l'arte equestre. L'immacolata visione del luogo e le norme che la disciplinano servono come una protesta contro i valori ancora attualmente in vigore. L'Accademia è racchiusa nel suo piccolo mondo simile a quello in una bottiglia di vetro, un tentativo idealistico di creare e custodire qualcosa di profondamente bello ma artificioso. Nel lavoro questa illusione si infrange contro la minaccia, sempre in agguato, della imperfezione. Itoshima della Eirich esplora le emozioni contrastanti durante la residenza in una bella casa antica di campagna nel sud subtropicale del Giappone. In bici ha esplorato la regione di Itoshima raccogliendo nuove impressioni: di giorno e di notte, nelle campagne e nelle città, nel caldo afoso, durante la pioggia battente e la tempesta. Racconta la scoperta di un luogo tra sogno ed introspezione. Le sue immagini hanno una qualità iconografica senza tempo e storia. Ciò che è banale si trasforma, sia per l’uso sapiente della luce, del colore, sia perché viene incanalato in una nuova prospettiva nella quale interagiscono i luoghi creati dall’ uomo con la natura circostante. Riadattandone le linee e portando lo spettatore in una contemplazione emozionale del luogo raffigurato. 

Nella serie HobbyBuddies di Sprecher & Cortellini i ritratti di gruppo diventano set inverosimili nei quali le persone sono accomunate dalle stessi passioni, lavori o interessi. Nulla è lasciato al caso. Le immagini tradiscono la ricerca e l'organizzazione accurata: il numero dei soggetti ed il loro abbigliamento, gli oggetti di scena, gli accessori. L’approccio utilizzato si traduce in insolite, intriganti composizioni. Tutti riconducibili ad una tribù di appartenenza nella quale la perdita di individualità predilige l’armonia e l’essere accomunati ad altri simili nei minimi dettagli. Siamo tutti nel nostro realismo più diffuso riconducibili ad un campione, nel quale la quotidianità emerge presentandoci una versione a tratti spiazzante e divertente.

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Marco Zanta - Geografie

Inaugurazione: 7 Novembre 2013 dalle ore 19,00
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Camilla Boemio

 

La personale GEOGRAFIE di Marco Zanta è stata pensata come un corpo polivalente nel quale l’intera città diventa quello che Cedric Price ha definito ‘città – cervello‘ (1).
Sono le mutazioni della città che spostano il punto di osservazione, l’architettura bilancia tutti gli elementi indicando il passare del tempo, un valore per l’esistenza umana. Le sue geografie appartengono ad una visione allargata nella quale il visitatore si imbatte in un modello ideale nel quale si fondano: linee, palazzi, strade, per diventare un unicum. I tre scatti della serie Urban Europe (del 2008) vengono presentati con degli inediti ultimi lavori: il Maxxi si fonde con Bilbao e Manchester, il contrasto cromatico dell’acciaio e dell’architettura di Londra e la linearità della struttura di Ponzano. Citando nuovamente Price, l’architettura diventa azione liberatrice ed artefice del miglioramento della vita dell’ uomo; facendo pensare l’impensabile alla gente comune; stimolando l’oltre anche nelle abitudini della vita di tutti i giorni; mostrando l’architettura come mezzo per alimentare il cambiamento, la crescita intellettuale e lo sviluppo sociale (2). Per Zanta la fotografia è sempre stata un modo per appropriarsi del mondo. Ha sempre visto la fotografia come un dono per conoscere e per conservare, nel senso più ampio del termine, non solo le nostre memorie, ma anche i gesti, gli sguardi, per potersi appropriare, appunto, di ciò che ci sta attorno (3).
Zanta, come i fotografi della generazione precedente alla sua (Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Gabriele Basilico) interpreta lo spazio urbano, interrogandosi sulla rappresentazione del paesaggio e soprattutto sul rapporto tra linguaggio fotografico e progettazione architettonica.

(1) Curating with Light Lugguage, a cura di Liam Gillick e Maria Lind, Frankfurt am Maim e Mùnchen: 2005.
(2) Cedric Price, architetto dell’impermanenza, articolo di Klat edito 29 Novembre 2012
(3) Tratto dall’intervista realizzata da M.L.Gagliardi ‘La Misura dello Spazio’ edito da Contrasto nel 2010 e presentato alla Festa dell’ Architettura di Roma 2010.

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David Stewart - SHAPE

Inaugurazione: 7 Maggio 2013 dalle ore 19,00
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Camilla Boemio

 

Il mondo fotografico di David Stewart ha le sue radici  nell’ immaginario estetico del punk anni settanta dei suoi amici The Clash e The Ramones , i colori accesi , le atmosfere rarefatte ed intense , lo spiccato senso del ridicolo e dell’ eccesso , un’ estetica ammaliatrice ed un’ originalità che ci fa ripercorrere la storia di un film musicale , simile a I love Radio Rock , nel quale diventiamo anche noi protagonisti buffi ed eccentrici .

Le sue visioni e le sue costruzioni sceniche gli sono valse la finale al concorso per il miglior ritratto della National Portrait Gallery di Londra. Al contrario di altri autori più neutri, i suoi personaggi svelano la loro identità inglese, sia per la scelta degli interni delle abitazioni e degli ambienti in generale, sia per i caratteri dei personaggi, del loro modo di vestirsi ed  atteggiarsi.

Alla prima mostra romana , di Stewart , alla galleria Anteprima D’ Arte Contemporanea saranno esposti nove lavori delle nuove serie , con delle scelte inedite . 

In – decision analizza la tensione che segue all’ indecisione , con protagoniste ragazze all’ interno di stanze : dall’ aula accademica , alla cucina attrezzata con un minimal forno tutto di tonalità verde, dalle pareti al vestito della ragazza  .

I ritratti surreali di donne affiancano azzardate combinazioni di luoghi/mansioni , nelle quali sono immerse in pensieri profondi : distanti , catapultate nella stanza sbagliata o nel contesto più inusuale per loro .

Della serie Thrice Removed sarà esposto Hugh and chicken in profile nel quale sono di profilo un vecchietto dal naso pronunciato ed una gallina , Grease Party una rivisitazione della “febbre del sabato sera” in chiave familiare , seguono i tre lavori ( Ballet Chair , Dancers e Woman Reclining ) nei quali le geometrie delle posture e del designer creano perfette simmetrie , una sexy cortigiana ed un inenarrabile soldato in mimetica .

David Stewart ha esposto , in Italia : a Fotografia Europea a Reggio Emilia ( edizione del 2013 ) , alla mostra Istituzionale CABBAGE a Macerata (2010) e a Modena (2011) con la curatela di Camilla Boemio .

Hanno scritto delle sue mostre e pubblicato le sue serie numerose testate giornalistiche e magazines internazionali di Arte / fotografia , tra i quali :

la rubrica di Marina Mojana nel Domenicale del Sole 24 Ore ( 2011 ) , NOVA , Il Giornale dell’ Arte , The Guardian , L’ Espresso , Panorama , la rubrica di ELLE Decor , Gente di Fotografia 50# , BLINK e LANDSCAPE Stories .

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Alberto Parres: Il suono del re

Inaugurazione: 21 Febbraio 2013 dalle ore 19,00
Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma
a cura di Giuseppe Ussani d’Escobar

 

Il 21 febbraio 2013 s’inaugura la Personale di Alberto Parres presso Anteprima Galleria d’arte contemporanea, al terzo piano di un elegante palazzo che si affaccia su Piazza Mazzini, una location sospesa tra cielo e terra, di grande suggestività, e rimarrà aperta fino al 21 aprile. L’artista, già riconosciuto dalla critica e dal grande pubblico, espone in questa occasione la sua produzione più recente, tele di medie e grandi dimensioni che come afferma il curatore Giuseppe Ussani d’Escobar: “sono l’essenza della leggerezza, sono un alito di vento dopo la pioggia, si levano in alto e dialogano con lo spazio e la luce” inoltre il curatore afferma:“Per capire la luce siamo stati costretti ad attraversare il buio. La razionalità si nutre dell’irrazionalità e non può vivere senza di essa. L’arte bizantina di Ravenna aveva creato la mistica della metafisica, le figure venivano delineate dagli artisti sull’oro della volta celeste, le ombre di Parres, o gli spiriti amici dell’artista che sorgono dal colore, riassorbite magicamente dal colore, non sono altro che un grande punto interrogativo rivolto all’immensità dell’universo, uno stupore estatico costituito di velature, che sfida le regole della gravità, sono l’essenza di ciò che resta di noi stessi, la polvere dei nostri corpi, dei nostri sogni e desideri. L’oro ha la forza dell’elemento che tutto purifica, l’elemento ultimo al quale mirava la scala alchemica, la purificazione delle ombre passa attraverso l’oro. Il Suono del Re ha l’oro in bocca, come le prime luci dell’alba che rivelano il volto del sole. Una Personale piena di vita e di energia che schiude gli orizzonti della mente, sconfinando nel cielo romano, nella volta celeste della Città Eterna.”

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