Mario Vidor - In silenzio

Inaugurazione: 15 Novembre dalle ore 19:00

Galleria: Anteprima d'arte Contemporanea - Roma

a cura di:  Luigi Di Gioia e Noemi Pittaluga

Testo critico di Noemi Pittaluga

 

Con curiosa attenzione, lo sguardo si accosta a rarefatti orizzonti marini, cristallizzati dallo scatto fotografico di Mario Vidor. In silenzio, titolo di questa serie di paesaggi, spinge l'osservatore a entrare in contatto con l'immagine attraverso una prolungata azione visiva. Come in un ralenti cinematografico, il fruitore sembra sperimentare emotivamente una dilatazione spazio-temporale che, inevitabilmente, lo trascina in una nuova dimensione psichica e mentale. Simili ad opere sacre e quindi auratiche (nonostante la riproducibilità del mezzo fotografico), i lavori di Mario Vidor si presentano come laiche icone a cui rivolgere le nostre domande più urgenti. Il mare, le barche, le reti, gli alberi sono i soggetti mostrati dall'artista che usa questi elementi come se fossero istanti di una meditazione interiore con la quale, prima o poi, ognuno deve fare i conti. Manifestazione profonda della personalità intimista dell'autore, le sue creazioni sono lo specchio di un'espressione linguistica totalmente atona e prettamente iconica. Pur mantenendo una solida identità stilistica, Vidor è indubbiamente capace di interpretare trasversalmente situazioni figurative differenti nel contenuto e nella rappresentazione. La scelta di una luce evanescente, delle prime ore del mattino, per le immagini a colori e il sapiente utilizzo del contrasto tra chiarore e ombra per le immagini in bianco e nero sono il fil rouge e l'impronta evidente di un paradigma compositivo ormai consolidato. In punta di piedi, l’artista ci indica uno spazio simbolico, relegato al pensiero che, qui, può nascere solo nella quiete solitudine naturale. Più lo scenario appare privo di suoni - spesso simbolicamente attutiti dalla neve fresca - più la riflessione aumenta replicando, metaforicamente, il rumore incessante dell'ingranaggio cerebrale, rappresentato dal costante scrosciare del mare sulla battigia. E in questa sorta di fusione ascetica con uno spazio altro, lo spettatore - come lo stesso autore al momento della scelta del soggetto da immortalare - non può che immergersi e farsi invadere da una nuova condizione esistenziale. Non è un caso che le opere, nelle quali la presenza umana è quasi del tutto assente, diventino un rifugio contemplativo offerto al pubblico. Un locus amoenus privato in cui, finalmente, il turbolento trova conforto in una condizione spirituale e consolatoria.

 

Noemi Pittaluga